Diffusività sessuale del maschio e selettività della femmina
La femmina è essenzialmente un individuo specializzato per la produzione di uova. […] Il maschio è per definizione il produttore dello spermatozoo, il microgamete. […] La differenza anatomica tra i due tipi di cellule sessuali è spesso estrema. In particolare, l’uovo umano è 85.000 volte più grande dello spermatozoo umano; le conseguenze di questo dimorfismo gametico si diramano in tutta la biologia e la psicologia della sessualità umana. Il più importante risultato immediato è che la femmina ripone un maggior investimento in ciascuna delle sue cellule sessuali.
Una donna può aspettarsi di produrre soltanto circa quattrocento uova durante la propria vita. Di queste, al massimo una ventina circa possono essere trasformate in neonati sani. I costi sopportati per condurre a termine una gravidanza e per aver cura in seguito della prole sono relativamente enormi. Per contro, un uomo libera cento milioni di spermatozoi con ciascuna eiaculazione e, attuata la fecondazione, ha esaurito il suo compito puramente fisico.
I suoi geni trarranno un beneficio uguale a quelli della femmina, ma il suo investimento sarà di gran lunga inferiore a quello della sua compagna, salvo che questa non possa indurlo a contribuire alla cura della prole. Se a un uomo fosse data totale libertà d’azione, egli potrebbe teoricamente fecondare migliaia di donne durante la sua vita. Il conseguente conflitto di interessi tra i sessi è una caratteristica non soltanto degli esseri umani, ma anche di gran parte del regno animale.
I maschi sono tipicamente aggressivi, soprattutto tra di loro e più intensamente durante il periodo riproduttivo. Nella maggior parte delle specie l’autoaffermazione è la strategia maschile più vantaggiosa. Nel tempo necessario per por tare a termine la gestazione, cioè dalla fecondazione dell’uovo alla nascita del bambino, un maschio può fecondare molte femmine ma una femmina può essere fecondata da un solo maschio. Pertanto, se i maschi potessero corteggiare una femmina dopo l’altra, alcuni sarebbero vincitori assoluti e altri del tutto perdenti, mentre quasi tutte le femmine sane riuscirebbero a essere fecondate. Rende ai maschi essere aggressivi, impetuosi, incostanti e non discriminanti. In teoria è più vantaggioso per le femmine essere riservate ed esitare finché non sono riuscite a identificare i maschi con i geni migliori.
Nelle specie che allevano i piccoli è anche importante che le femmine scel gano i maschi che più probabilmente resteranno con loro dopo l’inseminazione. Gli esseri umani seguono questo principio biologico fedelmente. È vero che le migliaia di società esistenti sono enormemente variabili nei particolari dei loro costumi sessuali e nella divisione del lavoro tra i sessi, ma tale variazione si fonda sulla cultura. Le società plasmano i loro costumi sulle esigenze ambientali e così facendo riproducono, nel complesso, un’ampia porzione delle modalità che si incontrano nel resto del regno animale: dalla monogamia stretta alle forme estreme di poligamia, e dal rasentare l’unisex a estreme differenze nel comportamento e nell’abbigliamento tra uomini e donne.
La gente modifica i propri atteggiamenti coscientemente e a suo piacimento: la moda dominante di una società può cambiare nell’arco di tempo di una generazione. Ciò nondimeno, questa flessibilità non è infinita e al di sotto di essa ci sono caratteristiche generali strettamente conformi alle aspettative derivanti dalla teoria dell’evoluzione. Perciò, concentriamoci inizialmente sulle generalità biologicamente rilevanti e rimandiamo per il momento l’esame della innegabilmente importante plasticità controllata dalla cultura. Siamo anzitutto moderatamente poliginici e per lo più sono i maschi che prendono l’iniziativa nel cambiare il partner sessuale. Circa tre quarti di tutte le società umane consentono di avere più mogli, e la maggior parte di esse favorisce tale pratica con leggi e costumi. Per contro, il matrimonio con più mariti è approvato in meno dell’1% delle società.
Le restanti società monogame rientrano di solito in tale categoria unicamente in senso legale, in quanto si aggiungono il concubinaggio e altri sotterfugi fuori del matrimonio che permettono una poliginia di fatto. Poiché le donne sono comunemente trattate dagli uomini come una risorsa limitata e quindi come una proprietà preziosa, esse sono le beneficiarie dell’ipergamia, il costume di sposare un uomo appartenente a uno strato sociale superiore. Poliginia e ipergamia sono strategie essenzialmente complementari. Nelle diverse culture gli uomini inseguono e acquistano, mentre le donne sono protette e barattate. I figli corrono la cavallina mentre le figlie rischiano di essere disonorate. Quando il sesso è in vendita, sono gli uomini a esserne abitualmente i compratori.
(Estratto da E.O. Wilson, Sulla natura umana, Zanichelli, Bologna 1980).
Il presente post ha scopi prettamente didattici.
La femmina è essenzialmente un individuo specializzato per la produzione di uova. […] Il maschio è per definizione il produttore dello spermatozoo, il microgamete. […] La differenza anatomica tra i due tipi di cellule sessuali è spesso estrema. In particolare, l’uovo umano è 85.000 volte più grande dello spermatozoo umano; le conseguenze di questo dimorfismo gametico si diramano in tutta la biologia e la psicologia della sessualità umana. Il più importante risultato immediato è che la femmina ripone un maggior investimento in ciascuna delle sue cellule sessuali.
Una donna può aspettarsi di produrre soltanto circa quattrocento uova durante la propria vita. Di queste, al massimo una ventina circa possono essere trasformate in neonati sani. I costi sopportati per condurre a termine una gravidanza e per aver cura in seguito della prole sono relativamente enormi. Per contro, un uomo libera cento milioni di spermatozoi con ciascuna eiaculazione e, attuata la fecondazione, ha esaurito il suo compito puramente fisico.
I suoi geni trarranno un beneficio uguale a quelli della femmina, ma il suo investimento sarà di gran lunga inferiore a quello della sua compagna, salvo che questa non possa indurlo a contribuire alla cura della prole. Se a un uomo fosse data totale libertà d’azione, egli potrebbe teoricamente fecondare migliaia di donne durante la sua vita. Il conseguente conflitto di interessi tra i sessi è una caratteristica non soltanto degli esseri umani, ma anche di gran parte del regno animale.
I maschi sono tipicamente aggressivi, soprattutto tra di loro e più intensamente durante il periodo riproduttivo. Nella maggior parte delle specie l’autoaffermazione è la strategia maschile più vantaggiosa. Nel tempo necessario per por tare a termine la gestazione, cioè dalla fecondazione dell’uovo alla nascita del bambino, un maschio può fecondare molte femmine ma una femmina può essere fecondata da un solo maschio. Pertanto, se i maschi potessero corteggiare una femmina dopo l’altra, alcuni sarebbero vincitori assoluti e altri del tutto perdenti, mentre quasi tutte le femmine sane riuscirebbero a essere fecondate. Rende ai maschi essere aggressivi, impetuosi, incostanti e non discriminanti. In teoria è più vantaggioso per le femmine essere riservate ed esitare finché non sono riuscite a identificare i maschi con i geni migliori.
Nelle specie che allevano i piccoli è anche importante che le femmine scel gano i maschi che più probabilmente resteranno con loro dopo l’inseminazione. Gli esseri umani seguono questo principio biologico fedelmente. È vero che le migliaia di società esistenti sono enormemente variabili nei particolari dei loro costumi sessuali e nella divisione del lavoro tra i sessi, ma tale variazione si fonda sulla cultura. Le società plasmano i loro costumi sulle esigenze ambientali e così facendo riproducono, nel complesso, un’ampia porzione delle modalità che si incontrano nel resto del regno animale: dalla monogamia stretta alle forme estreme di poligamia, e dal rasentare l’unisex a estreme differenze nel comportamento e nell’abbigliamento tra uomini e donne.
La gente modifica i propri atteggiamenti coscientemente e a suo piacimento: la moda dominante di una società può cambiare nell’arco di tempo di una generazione. Ciò nondimeno, questa flessibilità non è infinita e al di sotto di essa ci sono caratteristiche generali strettamente conformi alle aspettative derivanti dalla teoria dell’evoluzione. Perciò, concentriamoci inizialmente sulle generalità biologicamente rilevanti e rimandiamo per il momento l’esame della innegabilmente importante plasticità controllata dalla cultura. Siamo anzitutto moderatamente poliginici e per lo più sono i maschi che prendono l’iniziativa nel cambiare il partner sessuale. Circa tre quarti di tutte le società umane consentono di avere più mogli, e la maggior parte di esse favorisce tale pratica con leggi e costumi. Per contro, il matrimonio con più mariti è approvato in meno dell’1% delle società.
Le restanti società monogame rientrano di solito in tale categoria unicamente in senso legale, in quanto si aggiungono il concubinaggio e altri sotterfugi fuori del matrimonio che permettono una poliginia di fatto. Poiché le donne sono comunemente trattate dagli uomini come una risorsa limitata e quindi come una proprietà preziosa, esse sono le beneficiarie dell’ipergamia, il costume di sposare un uomo appartenente a uno strato sociale superiore. Poliginia e ipergamia sono strategie essenzialmente complementari. Nelle diverse culture gli uomini inseguono e acquistano, mentre le donne sono protette e barattate. I figli corrono la cavallina mentre le figlie rischiano di essere disonorate. Quando il sesso è in vendita, sono gli uomini a esserne abitualmente i compratori.
(Estratto da E.O. Wilson, Sulla natura umana, Zanichelli, Bologna 1980).
Il presente post ha scopi prettamente didattici.
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