Il primo anno di vita del bambino è caratterizzato da un forte rapporto con la madre.
René Spitz, uno psicoanalista di origine viennese che si è trasferito negli Stati Uniti, ha condotto uno studio sul rapporto tra la madre e il bambino, descritto come un'interazione circolare in cui i due si influenzano a vicenda.
Il bambino dipende dalla madre per sopravvivere, mentre la madre è gratificata emotivamente dalla relazione con il suo bambino. Spitz ha analizzato attentamente il comportamento del bambino durante il primo anno di vita, identificando momenti cruciali di sviluppo che sono segnati da fasi distinte.
Nel corso del processo di crescita, ogni fase è caratterizzata da un organizzatore specifico.
Il primo stadio si verifica con l'apparizione del primo organizzatore, ovvero il sorriso del terzo mese. Durante questo periodo, il bambino sorride alle persone, alle maschere che rappresentano il volto umano e ai disegni di occhi-fronte-naso, segnalando una discriminazione iniziale del partner umano rispetto all'ambiente circostante.
Il secondo organizzatore della psiche è l'angoscia dell'ottavo mese, in cui il bambino piange quando la madre si allontana e in presenza di estranei, dimostrando di distinguere tra figure familiari ed estranee.
Infine, il terzo organizzatore è il manifestarsi della risposta negativa del bambino, intorno ai quindici mesi, che accompagna alla parola il gesto di diniego. Secondo Spitz, la padronanza del "no" è una conquista importante per lo sviluppo mentale ed emotivo del bambino, poiché indica una capacità di giudizio e negazione acquisita per la prima volta.
La relazione madre-bambino
Il ruolo fondamentale della madre nello sviluppo del bambino è stato evidenziato da Spitz, che ha studiato le conseguenze di una relazione madre-bambino problematica, come nel caso di una madre ansiosa o assente.Confrontando i bambini cresciuti in orfanotrofi con quelli cresciuti in famiglia, Spitz ha notato importanti differenze nello sviluppo dei primi, con ritardi motori, cognitivi e nel linguaggio, nonché casi di depressione infantile dovuti alla separazione o all'assenza della madre.
I suoi studi hanno contribuito significativamente alla riflessione sulle istituzioni che si occupano dell'accoglienza dei bambini abbandonati o orfani, anche se le sue osservazioni riguardavano istituti poco addestrati e pieni di orfani di guerra.
Oggi, le strutture che si occupano di questi bambini sono organizzate in modo da garantire una figura di riferimento e di attaccamento, fornendo loro attenzioni, cure e stimoli adeguati attraverso il personale ben addestrato e limitando il ricambio eccessivo di educatori.
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