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La maldicenza: dai testi sacri alla cronaca dei giorni nostri

Viviamo in un Paese dove la maldicenza pervade ogni angolo della nostra vita, si presenta in forme diverse, più o meno cattiva e più o meno pericolosa. La modalità più semplice è quella del pettegolezzo, il gossip, una forma di sapere sulle relazioni umane nascoste, non ufficiali, uno scavare nei sentimenti degli altri, nelle loro relazioni erotiche riservate. Da Silvio Berlusconi che ha rapporti con le minorenni a Papa Ratzinger che flirterebbe con il suo segretario Padre Georg, fino ad arrivare alla vicina di casa che tradisce la moglie o il collega d’ufficio che beve troppo.

Il gossip pare faccia anche bene alla salute, migliora l'umore, scarica le frustrazioni, aumenta l'autostima e aiuta a rinsaldare i rapporti sociali. Non solo, la capacità di conoscere in anticipo i fatti altrui è stato uno dei fattori trainanti dello sviluppo dell'uomo primitivo: in pratica, se siamo come siamo lo dobbiamo (anche) al pettegolezzo.

Ma nel pettegolezzo può esserci l'informazione maligna, che diventa un'arma nelle mani di chi ha risentimenti e rancori, un tentativo di attaccare una persona a prescindere da quello che fa nel suo lavoro o nella vita sociale.

In tutti gli uffici esiste la maldicenza: nell'università, nella scuola, negli ospedali, nelle istituzioni, ma anche nelle imprese private, una maldicenza che che nasce da rivalità, invidie, ingiustizie.

Quante volte siamo stati avvicinati da qualcuno smanioso di darci informazioni, sempre riservatissime, un “si dice” sul conto di questa persona o di quella, sulle loro storie sessuali, i loro vizi o quelli dei loro congiunti, i loro errori, gli imbrogli che hanno fatto. Sempre a spiegarci perché questo ha fatto carriera e l'altro no. Pettegolezzi maligni per attaccare avversari , per farsi strada.

Spesso la maldicenza nasce dall'invidia nei confronti di chi ha più potere, l'invidia si rivolge sempre ai migliori, non ai peggiori. Nel tempo sono stati accusati di mettersi troppo in vista sia il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa sia il Magistrato Giovanni Falcone. Un metodo che viene sempre adoperato contro chi ha creato qualcosa di grande ma ha, come difesa, solo il suo valore e la sua rettitudine.

La smania di conoscere e sparlare delle vite degli altri per alcuni può diventare, patologicamente, l'unico scopo della propria esistenza. Esistono dei maligni “specialisti”, difficili da sorprendere perché sanno bene a chi fare le loro confidenze al vetriolo, quali sono i momenti e le situazioni migliori.

Dietro questa forma di insidiosa aggressività si può nascondere una realtà complessa: si può ricorrere alla maldicenza perché non si sa come comunicare in modo diretto alla persona interessata qualcosa di sgradevole che la riguarda, probabilmente si comporta così perché teme le vostre reazioni in caso di attacco diretto, ma può accadere che chi vi critica voglia soprattutto mettervi in cattiva luce presso gli altri oppure vendicarsi di qualcosa di vero o presunto che voi gli avete fatto, la maldicenza nasce da risentimento, da frustrazione, da gelosia o dall'invidia.

La maldicenza può anche nascere da sentimenti ambivalenti: non è raro che una persona critichi in maniera aggressiva, in sua assenza, colui o colei con cui divide l'esistenza, oppure un amico. Questo può verificarsi, anche se sembra contraddittorio, perché spesso proviamo aggressività per la dipendenza che ci lega alle persone che amiamo: in alcuni momenti vorremmo essere più liberi e più autonomi.

La maldicenza può anche corrispondere a una aggressività "spostata" o alla dislocazione di un conflitto. Vi si critica ma questa ostilità non era originariamente diretta a voi. Ha semplicemente trovato in voi un punto di riferimento perché vivete nello stesso ambiente. Per esempio, una persona che ha un conflitto coniugale o delle relazioni domestiche difficili, sposta il conflitto altrove, ad esempio su di voi che siete un semplice amico e non centrate per nulla, e quando alla fine il conflitto è risolto, il suo atteggiamento nei vostri confronti cambia senza che da parte vostra vi sia stato alcun cambiamento.

Se qualche pettegolezzo malevolo di tanto in tanto è comprensibile e tollerabile, in quanto è un modo per scaricare dell'aggressività senza troppi danni, diverso è invece il caso dei maldicenti professionisti che sparano su tutto ciò che si muove e vivono sentimenti di continua frustrazione.

Essi danneggiano gli altri ma anche se stessi. Il loro comportamento suscita reazioni negative così che la loro frustrazione aumenta. Né va sottovalutato il fatto che il maldicente sistematico può dare di se un'immagine opposta a quella sperata perché, se e quando viene scoperta "l'origine" della maldicenza, la gente può cominciare a sospettare le intrinseche debolezze dell'autore il quale voleva invece di dare di se un'immagine di forza e autorevolezza.

Consiglio alle vittime della maldicenza 3 modi per non farsi ferire lasciandosi travolgere dalla collera, tormentare dall'ansia o deprimere dalla tristezza.
  1. Realismo: quando veniamo a conoscenza di un pettegolezzo malevolo contro di noi, i nostri pensieri sono facilmente di questo tipo: "Come si può dire questo di me?" " è ingiusto!" "Lo ha detto a tutti, gli crederanno. Me la deve pagare" "Non sono amato". Se questi pensieri ci fanno star male è perché cozzano con una serie di convinzioni più o meno inconsapevoli: "Non si può vivere senza amore", "Bisogna avere la stima di tutti", "Non devo sbagliare", "Devo piacere". E invece è il momento di essere realisti e di accettare il fatto incontestabile che non si può essere amati da tutti, che fare degli errori di tanto in tanto è normale, che una nostra azione sbagliata non ci bolla per sempre.
  2. Calma: se la maldicenza è fondata, è bene riflettere con calma se siamo disposti a modificarci oppure no. Se invece è infondata è evidente che il maldicente è in errore, oppure parla per invidia, gelosia o frustrazione. Il fatto di riuscire a tenere sotto controllo i nostri pensieri non elimina certo la maldicenza, ne riduce però gli effetti. In alcuni casi la nostra imperturbabilità può rappresentare già di per se una sconfitta per chi ci critica o ci vuole danneggiare. In altri, essa ci è indispensabile per agire con lucidità.
  3. Azione: prendiamo le "cattiverie" sul luogo di lavoro, queste possono essere logoranti, intollerabili, si critica lo stile di vita di un collega, il suo modo di lavorare, la sua vita intima, i suoi amici, a volte agire sui propri pensieri e mantenere la calma non è sufficiente, bisogna fare qualcosa sia per evitare un deterioramento dei rapporti, sia perché è giusto difenderci. Se abbiamo individuato il nostro antagonista, il metodo migliore consisterà nell'avvicinarlo a tu per tu (non in pubblico), vistosi scoperto questi potrà negare in blocco, ma da quel momento sa che noi sappiamo. Se invece reagisce criticandoci o attaccandoci, avremo comunque creato le condizioni per un confronto diretto, onorevole. Se non conosciamo la fonte del pettegolezzo o pensiamo che il confronto diretto non sia praticabile perché porterebbe a una frattura cui non vogliamo arrivare, possiamo usare delle strategie indirette (accennare "in astratto" la questione in un gruppo di persone, fare dell'ironia) con cui facciamo sapere che siamo al corrente dei pettegolezzi.

Termino con alcuni riferimenti sulla maldicenza che ci consentono di riflettere ulteriormente sull’argomento:
Mosè aveva un fratello e una sorella, Maria, la più anziana. Da giovane ella aveva vegliato sul piccolo Mosè (Esodo 2:4,7). Era una profetessa (Es. 15:20). Si sentì forse spodestata della sua influenza per il ritorno di Sefora (cfr. Es. 18:5 e Num. 12:1). Comunque coinvolse nel suo scontento Aronne ed entrambi parlarono contro Mosè: «L'Eterno ha egli parlato solo per mezzo di Mosè? Non ha egli parlato anche per mezzo nostro? » (v. 2). La "moglie Cuscita" era un pretesto, il motivo profondo era la gelosia. Del resto Mosè era solo l'ultimogenito; suo fratello e sua sorella volevano ben credere che Dio avesse parlato per mezzo di lui, ma anche per mezzo di loro. A loro ripugnava il dover accettare l'influenza crescente che Dio conferiva al suo servitore, mentre avrebbero dovuto riconoscere il posto di autorità che gli era stato affidato.
Non è forse così, spesso, tra noi? Per gelosia o per dispetto, ci mettiamo a parlar male di tale o tal fratello, anche di un servitore del Signore. Ci si compiace nella maldicenza, nel riferire un male forse reale, ma con lo scopo di disprezzare agli occhi del proprio interlocutore colui che l'ha commesso.
Si va anche fino alla calunnia, raccontando ciò che è falso, o fortemente esagerando. Il male prodotto è irreparabile. Dopo esserci umiliati davanti al Signore, potremo ben scusarci col nostro interlocutore (non con colui sul conto del quale abbiamo fatto della maldicenza o della calunnia, cosa che lo affliggerebbe ancor più) e pregarlo di dimenticare, ma nel frattempo il male si sarà già sparso e avrà fatto la sua opera.
Consiglio la visione del film “Il dubbio” di John Patrick Shanley nel quale si usa come metafora della maldicenza lo spargere al vento le piume d’oca di un cuscino ed il rimediare a questo peccato ricercando e raccogliendo le singole piume portate, appunto dal vento, in ogni dove.
Oggetto della maldicenza da parte del fratello e della sorella, Mosè tace. Ma « l'Eterno l'udì », e li convoca, tutti e tre, alla tenda di convegno; poi fa venire davanti a sé solo Aronne e Maria. Egli prende la difesa del suo servitore, fedele in tutta la sua casa, col quale egli parla a tu per tu, e che vede la sembianza dell'Eterno: « Perché non avete temuto di parlar contro il mio servo, contro Mosè? E lira dell'Eterno s'accese contro loro ed ecco che Maria era lebbrosa; Aronne guardò Maria, ed ecco era lebbrosa ». La profetessa, che aveva cantato le lodi dell'Eterno, doveva essere, dora in poi, esclusa dal campo, e continuare così la sua vita, fino a quando la morte la libererà dalla sua orrenda malattia.
Quale tragedia! Dio non prende queste cose alla leggera. La coscienza di Aronne e di Maria parla. Essi si pentono. Riconoscono il loro peccato, per il quale hanno agito stoltamente. Aronne, benché sacerdote, non è in grado di pregare per sua sorella. Alla sua domanda pressante, Mosè, che per la prima volta nel nostro testo apre la bocca, senza alcun risentimento grida all'Eterno: « Guariscila, o Dio, te ne prego ». Ma la disciplina deve seguire il suo corso. Maria sarà guarita, a condizione però che porti « la vergogna per sette giorni », lasciata fuori del campo. Tutto il popolo ne soffre con lei e non parte finché Maria non è riammessa.
« Perché dunque non avete temuto di parlare contro il mio servo? ». Queste parole non risuonano forse anche alla nostra coscienza? Senza dubbio, ogni servitore del Signore ha i suoi mancamenti e le sue deficienze (Giac. 3:2); non è questa una ragione per metterle in evidenza e servirsene contro di loro. Al contrario, l'amore copre gli errori altrui; ne parla col Signore perché Egli corregga e guarisca; oppure direttamente con l'interessato se, in casi particolari, egli è condotto a farlo. Sparlare di servitori di Dio, di nostri fratelli, chiunque essi siano, non può che attirare la disciplina del Signore su noi stessi, ostacolando la comunione con lui, rendendo vano il nostro servizio, producendo aridità nell'anima, e dei frutti spesso molto amari.
Non dovremmo prendere molto più a cuore questo peccato di maldicenza che noi commettiamo con così tanta leggerezza? Non accogliamo più i commenti sfavorevoli che qualcuno ci fa, e rispondiamo come ha fatto un fratello ad uno che ne criticava un altro: "Vado a parlargliene"; e l'interlocutore subito lo pregò di non farlo! Nel giudizio di noi stessi, cercare le cause che ci hanno condotto a fare della maldicenza, giudicarle veramente davanti a Dio, e accettare, se occorre, la vergogna e la correzione necessarie.
Tre cose, dice un proverbio arabo, non possono essere trattenute: la freccia che vola, la parola detta, il tempo passato. Giacomo avverte: « Se uno non tiene a freno la sua lingua la religione di quel tale è vana! » (Giac. 1:26). Pensiamo anche all'effetto prodotto sui bambini che troppo spesso sentono nella famiglia maldicenze e critiche.
Levitico 19:16 l'aveva precisato: « Non andrai qua e là facendo il diffamatore fra il tuo popolo ». L'apostolo Pietro ne sottolinea tutta la gravità: « Gettando dunque lungi da voi ogni sorta di maldicenze, appetite il puro latte spirituale se pure avete gustato che il Signore è buono » (1 Pietro 2: 1-3). Questo "se pure" non sembra forse mettere in dubbio che si possa aver gustato la bontà del Signore se ci si dà alla maldicenza? Questa è da principio concepita nel cuore, poi nei risentimenti che si nutrono contro luno o l'altro, o nell'importanza che si attribuisce a se stessi; poi il nemico sa suscitare l'occasione propizia per pronunciare la parola malvagia. Si vorrà far vedere che "si sa quella certa cosa"; troppo spesso, poiché si manca di soggetti di conversazione, si sparla degli altri. E tali "rivelazioni" sono come « ghiottonerie » (Prov. 26:22) per quelli che le ascoltano! « La lingua è un piccolo membro un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta » (Giac. 3:5).
È fatta una promessa al Salmo 15 a colui che non maledice con la sua lingua: egli «dimorerà nella tenda dell'Eterno »: comunione benedetta col Signore di colui che ha vegliato sulle sue labbra. Davide supplicava: « Siano grate nel tuo cospetto le parole della mia bocca e la meditazione del mio cuore » (Salmo 19:14). Le risoluzioni e i buoni propositi esteriori non sono un soccorso sufficiente: la lingua non può essere domata. È l'essere interiore che deve essere cambiato, rinnovato, trasformato. Bisogna giudicare i pensieri malvagi che ci spingono a sparlare del nostro fratello, o anche a calunniarlo, quando sono ancora in noi.
Evitiamo la maldicenza (Genesi 9:18-29).Letto superficialmente, questo verso non sembra dire nulla di eccezionale, ma riflettendoci sopra si nota che contiene una tragica realtà, un male che affligge molti cristiani. Rileggiamo attentamente il testo: «Cam, padre di Canaan, vista la nudità di suo padre, andò a dirlo ai suoi fratelli». Se avesse avuto non solo un po di pudore, ma di rispetto ed affetto, Cam, davanti ad una simile circostanza avrebbe fatto quello che fecero i suoi fratelli.
Quanti Cam sono presenti ancora oggi fra i cristiani, i quali, anziché coprire qualche fallo dei propri fratelli, escono fuori a dirlo ad altri. A volte sono accaduti eventi spiacevoli in famiglie e chiese che invece un semplice chiarimento sarebbe bastato a riportare l'armonia e la pace, a causa di persone desiderose di divulgare notizie non edificanti.
È significativo che Cam abbia riferito la notizia ai suoi fratelli, perché, gli odierni Cam, seguendo l'esempio del figlio di Noè, rapportano le debolezze di un credente ad altri credenti, creando così dispiaceri e problemi nella comunità cristiana. Grazie a Dio vi sono ancora dei Sem e degli Jafet che, con ferma determinazione, non ascoltano i maldicenti, riuscendo almeno in parte, ad arginare questo gran male che ha fatto tante vittime in ogni tempo. Sia nell'Antico Testamento che nel Nuovo, troviamo versi che ci fanno comprendere in quale modo Satana si può servire dei credenti per seminare la maldicenza, se con fermezza, non ci opponiamo. Non facciamoci indurre da Satana a danneggiare i vostri fratelli per i quali Cristo è morto!
In Proverbi 16:28 è scritto che «il maldicente disunisce gli amici migliori». Nel Nuovo Testamento, lo Spirito Santo sottolinea ancora di più questo male da estirpare. Paolo Apostolo dice: «io temo che vi siano tra voi delle maldicenze» (2 Corinzi 12:20) ed ai Colossesi: «Deponete tutte queste cose» e fra queste cose vi è la maldicenza. È vero che secondo 1 Timoteo 5:14 non bisogna dare occasione di maldicenza ma ogni cristiano deve sopratutto energicamente rifiutare di seguire l'esempio di Cam. Esortiamoci quindi gli uni agli altri a non ascoltare accuse contro alcuno, perché l'accusatore dei nostri fratelli è il diavolo.
Il cristiano che spettegola in realtà non ama gli altri. Chi spettegola dà per scontato che gli altri siano coinvolti in qualcosa di sbagliato. Non sta amando il suo fratello in Cristo come comanda 1 Corinzi 13.
“L’amore non sospetta il male…” (1 Corinzi 13:5).
Solo buone parole! Solo parole incoraggianti! NO alle parole malvagie!
Se parli male degli altri, stai attento che gli altri non facciano lo stesso con te (Luca 6:31; Matteo 22:39).
Il problema va risolto fra chi pecca e chi lo vede peccare.
Qualora ti capitasse di vedere un fratello o una sorella in Cristo peccare, se si tratta di una faccenda veramente grossa, dovresti ANDARE da lui o da lei. “Ora, se il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello” (Matteo 18:15).
Solo quando il fratello o la sorella continuano a peccare, gli si potranno portare due o tre persone davanti, che facciano da testimoni. Spettegolare sul peccato di qualcuno è veramente da ipocriti, perché fa peccare anche noi.
Chi spettegola non si è guardato dentro. “Ora, perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non scorgi la trave che è nel tuo proprio occhio? O come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, quando tu stesso non vedi la trave che è nel tuo proprio occhio? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vedere bene per togliere la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello” (Luca 6:41,42).
Anche se poi la verità viene sempre a galla, le maldicenze lasciano sempre qualche dubbio e qualche falso pensiero sono veramente pericolose! Il credente maturo ha il controllo della sua lingua (Giac. 3:5-8). “Poiché tutti manchiamo in molte cose. Se uno non sbaglia nel parlare, è un uomo perfetto, ed è pure capace di tenere a freno tutto il corpo” (Giacomo 3:2).
Giacomo dice che la lingua è “il mondo dell’iniquità”. La parola per mondo è “cosmo”, che significa sistema mondiale o del mondo. La lingua è spesso al centro dell’iniquità, al centro della peccaminosità in questo sistema del mondo (Genesi 3:1,4).
“Ma la lingua nessun uomo la può domare; è un male che non si può frenare, è piena di veleno mortifero” (Giacomo 3:8). Giacomo usa dei termini forti. Non la si può domare – chi non riesce a domarla? La persona che non è salvata, chi non ha l’aiuto di Dio oppure il cristiano che cammina nella carne. E’ un male che non si può frenare – è come un fuoco che brucia tutto quello che trova sul suo cammino, quando è alimentato dal vento. E’ piena di veleno mortifero – è come il morso di un serpente velenoso. La nostra lingua può distruggere: vite, testimonianze, ministeri, ecc. Per questo i cristiani dovrebbero evitare di spettegolare e non ricevere i pettegolezzi dagli altri. Guardiamo alcuni passi per capire cosa bisogna evitare e cosa dobbiamo fare a proposito del nostro linguaggio.
O Eterno, guidami per la tua giustizia, a motivo dei miei nemici; raddrizza davanti a me la tua via, perché nella loro bocca non c’è alcuna rettitudine; il loro cuore non medita altro che rovina; la loro gola è un sepolcro aperto; lusingano con la loro lingua (Salmo 5:8-9).
Non c’è rettitudine – non dicono la verità, non sono persone di cui ci si deve fidare. Il loro cuore medita rovina con la bocca dicono una cosa, ma ne pensano un’altra. Lusingano con la loro lingua.
I cristiani devono sapere quanto Dio odia i peccati della lingua.
L’Eterno odia queste sei cose, anzi sette sono per lui un abominio: gli occhi alteri, la lingua bugiarda… (Proverbi 6:16-17)
La menzogna è uno dei peccati più vili. La maldicenza può essere una forma di menzogna e Dio LA ODIA. Se hai questo problema – pentiti di questo peccato. Ma la Bibbia parla anche di quelli che ascoltano e ricevono le calunnie: Il malvagio presta attenzione alle labbra inique, il bugiardo dà ascolto alla lingua perversa (Proverbi 17:4).
Se qualcuno viene da te con una calunnia, non ascoltarlo! Digli chiaramente che non vuoi prendere parte al suo peccato. Proverbi 10:19 dice: “Nelle molte parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è saggio”. Questo vuol dire che CHI PARLA TANTO PER PARLARE, prima o poi pecca con la lingua.
Trattieni la tua lingua dal male e le tue labbra dal dire menzogne (Salmo 34:13).
Autore: Gianni di Tacco
Fonte: cosechenonvanno.com


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